C’è una Borgogna a sud della Côte d’Or, ancora poco nota, in Côte Chalonnaise, ma che nulla ha da invidiare a quella più blasonata.
Questi territori rispecchiano una perfetta coerenza con quelli immediatamente più a nord sia per prosecuzione geologica che per continuità qualitativa ed esprimono vini di altrettanta eleganza e finezza ma con un prezzo finale al consumatore che spesso è pari ad ¼ rispetto a quello della Borgogna più conosciuta.
Ho avuto la possibilità di poterne fare un concreto assaggio durante la serata organizzata da Buongiorno Vino il 30 ottobre scorso a Roma, presso l’Hotel Radisson Blue: protagonisti i vini de“Le Champs De l’Abbaye” ed i fondatori dell’azienda: Alain & Isabelle Hazard, egregiamente introdotti e mediati a noi partecipanti da Armando Castagno.
Armando ha trasmesso in maniera estremamente chiara e completa e con l’ausilio di dettagliate mappe la Côte Chalonaise in una sua visione d’insieme, quella delle Appelation Villages (Bouzeron, Rully, Mercurey, Givry, Montagny) e quella delle Appellation Regional (Bourgogne Côte Chalonnaise, Bourgogne Côte du Couchois) e nei dettagli delle varie suddivisioni, la geologia di questi suoli, così da permetterci di entrare subito nel vivo della serata e agevolare la comprensione delle diverse sfumature di terroir presenti nella proprietà de “Le Champs de l’Abbaye”.
Fondamentale è stato anche il suo ruolo di interprete/traduttore dal francese in italiano per noi partecipanti e specialmente per me,che ho sempre e solo studiato inglese per tutta la vita.
Il linguaggio degli occhi e dei gesti ha comunque parlato e la cordialità dei coniugi Hazard insieme alla gioia di condividere con noi la storia della loro azienda e le loro “creature” è stata palpabile sin da subito, come il nostro entusiasmo e la nostra curiosità nell’ascoltare la loro storia.
Alain ed Isabelle Hazard in Borgogna non ci sono nati, ma proprio qui hanno voluto mettere radici e dare la nascita alla propria azienda vitivinicola. Entrambi studenti universitari in psicologia, si sono conosciuti a Montpellier. Qui, per sostenere gli studi Alain ha lavorato in un ristorante e grazie a questo lavoro ha conosciuto e si è innamorato del vino e, poco dopo, anche di Isabelle.
Sin da subito si sono ritrovati nella condivisione di una passione comune ed anche d’accordo nel costruire, per il proprio futuro insieme, qualcosa di diverso dalla laurea che avevano conseguito.
Hanno fatto entrambi esperienza in un’enoteca a Parigi ma poi si sono convinti che non era quella la strada da percorrere e che volevano diventare vignaioli.
L’idea di quale vino fare è stata immediatamente chiara: pinot nero in Borgogna.
Qui si sono trasferiti, a Beaune, nel 1994. Nel medesimo anno è nato il loro quarto figlio e quindi per loro questo è stato l’anno che ha sancito il battesimo alla loro nuova vita.
All’inizio era tutto molto difficile, hanno cominciato prendendo le vigne in affitto e producendo con 4 ettari un Bourgogne Passetoutgrain, il rosso più economico della Borgogna (una cuvée di pinot nero e gamay). Nei tre anni successivi hanno poi trovato nuove vigne di pinot nero e ne hanno piantato di proprie scegliendo nel 1997 il regime biologico. Il sogno era approdare a Vosne-Romanée, ma non è stato possibile. Allora si sono detti “lavoriamo comunque come se fossimo in Vosne-Romanée”. Si sono poi certificati Ecocert dal 1999.
Nel 2006 hanno avuto la possibilità di rilevare un’azienda ad Aluze ed essendo una zona in cui i vigneti potevano ricevere più luce era ideale per i vini che avrebbero voluto realizzare. Hanno così acquistato la cantina e presi in affitto i vigneti. Qui si sono definitivamente trasferiti ed hanno potuto realizzare i vini cosi con i criteri e lo stile che desideravano. Attualmente su poco meno di 6 ha totali – distribuiti nei comuni di Aluze, Rully, Mercurey e Monthélie, la metà è di proprietà e il resto in affitto – producono 12 vini: 6 bianchi e 6 rossi. Di qualcuno di questi ne vengono prodotte meno di 800 bottiglie l’anno.
Oggi lavorano seguendo i principi della biodinamica, ricercando ab origine i problemi che possano presentarsi piuttosto che trattarne semplicemente le conseguenze; potature basse, inerbimento sistematico su tutte le vigne, rispetto dei cicli stellari e dei ritmi biologici; i metodi di potatura vengono attentamente adattati per ciascuna parcella al fine di permettere alle piante di ricevere un trattamento personalizzato in grado di dare equilibrio e benessere.
Questo approccio rigoroso alla viticultura incoraggia le radici a scavare più a fondo; permette un controllo più efficace della quantità di acqua e di azoto che alimenta le piante, diminuendo così la loro sensibilità alle variazioni climatiche e alle malattie. Hanno anche osservato una significativa riduzione delle dimensioni degli acini, una marcata riduzione delle rese ed un aumento della percentuale di estratto secco (zuccheri, antociani e tannini)
E in cantina? Si opera il meno possibile. Secondo la filosofia per cui “il vino viene fatto in vigna” la raccolta e la qualità viene costantemente monitorata. Una piccola squadra di raccoglitori raccoglie solo uve perfettamente mature e perfettamente sane. Usano solo lieviti indigeni (naturali) per provocare la fermentazione seguendo il profilo specifico di ogni annata e di ogni terroir, evitando così l’influenza denaturante di additivi o manipolazioni di qualsiasi tipo. A seconda della resa dell’annata, mantengono il 30 o il 50% delle uve intere (non diraspate). I vini rossi macerano dagli 8 ai 10 anni. Si usa pochissimo legno nuovo.
I vini vengono filtrati leggermente e solo da 2/3 anni, mediante un filtro particolare di cellulosa a maglia larga, 100% biodegradabile. Da allora il vino ne ha acquistato in purezza e definizione.
Logo rappresentativo dell’azienda su tutte le etichette la chiave di Fa, una grafica che è tutt’uno con il nome scelto per azienda: i francese le parole champ (campo) e chant (canto) suonano quasi alla stessa maniera. Così per i coniugi Hazard le vigne sono lo spartito su cui si compone il canto di un luogo, la cui voce è quella del produttore e della sua interpretazione di un territorio e di una intera comunità.
Tutti i vini degustati si distinguono per stile, personalità, finezza ed eleganza.
Di seguito le note degustazione, in ordine di assaggio:
1 . Bourgogne Blanc 2017 – Incantevole nella sua semplice eleganza. Chardonnay e una po’ di Pinot Gris, ammesso da disciplinare. Luce pura, naso confettoso tra frutto bianco , fiore, spezie ed una lieve e gradevole nota di pasticceria. Al sorso è pieno, persistente, avvolgente nella mineralità che accompagna il frutto e lascia un finale di bocca fresco e pulito.
2 . RULLY blanc la Chatalienne 2017 – Terreno di argille rossicce, piene di scheletro. Mandorla molto intensa, frutti, fiori d’acacia. Fresco, intenso, bella persistenza.
3 . RULLY blanc les Cailloux 2017 – Parcella denominata “le Cailloux” per il calcare, terreno duro e ciottoloso, ubicato circa 30 mt più in alto rispetto a “la Chatalienne”. Estremamente minerale, gessoso; freschezza e mineralità molto accentuata, grande acidità. Il calcare è ben riconoscibile anche al sorso, sembra quasi salsedine.
4. MONTHELIE Les Sous Roches 2017. – Siamo al confine con il comune di Volnay e possiamo considerare questo terreno come un suo prolungamento. Vino curioso, irregolare.
Al naso cereali, frumento, semi, fiori gialli selvatici, sostenuti non solo dall’acidità ma anche da una salinità micidiale. Vino di gola e di lunga persistenza.
5. Bourgogne Côte Chalonnaise Les Claveaux 2017 – Terreno che si trova ad Aluze, composto da marna risalente al periodo Oxfordiano; parcella reimpiantata nel 2010 , selezione massale di pinot nero e un 1o% di Chardonnay, coltivato nello stesso vigneto. Frutto rosso esplosivo di visciola ma anche floreale, note speziate, incenso. In bocca ritrovo le sensazioni olfattive, l’intensità aromatica e l’eleganza.
6. Bourgogne Côte Chalonnaise Le Clos des Roches 2017 – Naso dalla fisionomia più affilata: mineralità. polvere da sparo, nota affumicata e frutto più scuro e maturo rispetto al “Les Claveaux”. In bocca rivela maggiore struttura. Morbidezza di frutta e spezie; più decisa la mineralità che avevamo sentito al naso, sensazioni retronasali intense e persistenti. Una meraviglia, il mio preferito.
7. MERCUREY rouge la Brigadière 2017 – Terreno bianco sopra Combris. Frutti rossi di ciliegia, poi speziato di cardamomo, pepe, sentori affumicati sia al naso che al sorso, a cui si aggiunge una buona sapidità. Grande finezza e complessità.
8. MERCUREY rouge les Marcoeurs 2017 – Nota affumicata anche qui ben presente al naso. In bocca marasca sciroppata e un’ottima acidità, sapidità e lunga persistenza.
Ho riscontrato in questi due ultimi vini una sapidità nettamente superiore rispetto ai due precedenti. Senza dubbio non ho subito in misura minore rispetto agli altri il loro grandissimo fascino come pure la curiosità di assaggiarli tra qualche anno per poterne valutare l’evoluzione.
Sono rientrata a casa entusiasta di questa esperienza e mi sento vivamente di consigliare a tutti questa realtà vitivinicola del sud Borgogna ancora poco nota, con un rapporto qualità prezzo straordinario.
Non dovrebbe mai essere il costo di una bottiglia o la sua provenienza da una zona più o meno nota a sorprenderci, ma l’onesto e appassionato lavoro artigiano che c’è dentro quello solo dovrebbe essere da stimolo ai sensi ed alla nostra curiosità culturale.